Affinità tra “L’uomo è forte” di Corrado Alvaro e “1984” di George Orwell maggio 2001


 Lo scrittore Corrado Alvaro, oltre ai romanzi e racconti legati alla Calabria, quali  L’età breveL’amata alla finestra e Gente in Aspromonte, è anche l’autore del romanzo L’uomo è forte, un libro affascinante la cui lettura riporta continuamente al più conosciuto romanzo 1984 di George Orwell.

L’uomo è forte è stato pubblicato nel 1938, il romanzo di Orwell nel 1949. Quindi, tra i due libri corre un lasso di tempo, a favore di Alvaro, di circa undici anni. Ma quando si parla di regimi totalitari, di ideologie miranti a livellare ogni individualità, delle violenze fisiche e psicologiche esercitate da un potere assoluto si cita sempre 1984 e mai L’uomo è forte, che pure ebbe molto successo in Italia: nel 1945 aveva già toccato la quinta edizione, e fu poi tradotto in altre lingue. Dunque perché questa dimenticanza?

I motivi potrebbero essere due: il primo credo sia dovuto all’avvertenza che Alvaro ha premesso al libro, avvertenza in cui dichiara che l’azione si svolge in Russia e cioé in una zona ben delimitata del mondo; 1984, invece, non ha confini territoriali. Però, non bisogna dimenticare che il titolo originario del romanzo L’uomo è forte era Paura sul mondo, titolo che svelava la volontà dell’autore di non ascrivergli alcuna delimitazione geografica, e che Alvaro fu costretto a cambiare dalla censura del tempo. Ma neppure questo secondo motivo costituisce una valida giustificazione perché a rendere interessante un libro sono le emozioni e le sensazioni che riesce a suscitare, non certo i particolari o le singolarità meccaniche.

E sia le emozioni, sia le sensazioni che la lettura dei due romanzi suscita si possono considerare identiche, originate come sono dall’atmosfera da incubo, dovuta alle stesse cause, che circola nelle due opere. C’è da riconoscere però che 1984 risulta più moderno nel linguaggio rispetto a L’uomo è forte.
Comunque, niente impedisce di pensare che il libro di Corrado Alvaro abbia potuto influenzare, anche in piccolissima misura, George Orwell. Ciò non significa nulla dato che, per rafforzare le proprie tematiche e affinare il proprio stile, è bene che un artista conosca i lavori di chi lo ha preceduto, e a volte accade pure che il pensiero di chi legge si fonda con quello dell’autore tanto da originare un rifacimento personale che echeggia quello primario. E’ interessante, però, tentare di capire perché, ipotizzando uno scenario dittatoriale, venga presa ad esempio l’opera di Orwell, dimenticando quella di Alvaro che pure la precede di ben undici anni.
Ma esaminiamo adesso il tessuto narrativo dei due romanzi.

L’uomo è forte

Il protagonista, ingegner Dale, era cresciuto all’estero. Subito dopo l’adolescenza aveva saputo che nel suo Paese era scoppiata la guerra civile tra due partiti: Partigiani e Bande. Avevano vinto i Partigiani e Dale, condividendo le loro idee, si era deciso a far ritorno, per mettere al servizio della nuova società le sue capacità tecniche. Rivede Barbara, un’amica d’infanzia, e tra loro nasce l’amore. Ma Barbara è figlia di una coppia di “nemici del popolo” uccisa dai Partigiani e lo stesso Dale è considerato con sospetto perché ha vissuto all’estero. Inoltre l’amore è reputato un sentimento che esalta l’individualità, quindi pericoloso per la stabilità del nuovo assetto sociale. Inizia così una sottile persecuzione psicologica del potere mirante a distruggere l’equilibrio dei due giovani; la manovra riesce in parte, infatti Barbara arriva a denunciare Dale e quest’ultimo, divorato dalla paura e dall’angoscia, diventa un burattino manovrato dall’Inquisitore. In un impeto di ribellione, decide di fuggire dopo aver ucciso il Direttore dell’Ufficio Tecnico Industriale di Stato. Cerca di unirsi alle Bande, ma viene fatto prigioniero da un gruppo di Partigiani che lo giustizia sulla riva di un lago. Nonostante il colpo sparatogli in testa e le dodici sciabolate al ventre, rimane miracolosamente vivo. Si risveglia in un letto d’ospedale credendo di essere finalmente in salvo. Si tratta, però, di un ospedale dei Partigiani. Curiosamente tutti lo credono uno dei loro e decidono di innalzarlo ad eroe.
Ma Dale progetta una nuova fuga.

1984

(Il titolo indica il periodo di tempo -futuro per l’autore- in cui si svolge l’azione dei fatti narrati. La data è ricavata dall’inversione delle ultime due cifre del 1948, anno in cui Orwell ultimò il libro)
Il mondo è diviso in tre grandi Stati: Oceania, Eurasia ed Estasia che i sudditi credono in continua guerra tra loro. Il protagonista, Winston Smith, vive in Oceania dove l’unica ideologia ammessa è quella del Socing (Socialismo Inglese).
L’autorità, incarnata dal Grande Fratello la cui immagine è posta in ogni luogo, controlla la vita pubblica e privata dei cittadini tramite il Partito e i suoi Ministeri.
Smith è un funzionario addetto all’aggiornamento dei vecchi numeri del quotidiano Times. Il suo lavoro consiste nella manipolazione degli articoli che vengono redatti in modo corrispondente alla versione storica decisa dal Partito. Egli s’innamora, ricambiato, di Julia e con lei s’inserisce nella Fratellanza, un movimento di resistenza interna che dovrebbe rovesciare l’attuale Governo. Ma Winston Smith non sa che il Partito spia ogni loro movimento e che perfino la Fratellanza non è altro che una macchinazione del potere per stroncare ogni germe di opposizione.
Quando viene arrestato spera di riuscire a conservare, almeno dentro di sé, il sentimento d’amore per la sua donna, ma, torturato fisicamente e psicologicamente, rinnega anche questo. Una volta rilasciato, Winston Smith non è più che un essere completamente assoggettato alla volontà del Partito.

La fuga è la sola speranza di salvezza. Anche l’amore perde ogni contrassegno di autoaffermazione spirituale, inquinato com’è dalla paura. L’amore è una forza trasgressiva e, in quanto tale, mina le basi di queste società il cui fine è reprimere, non certo esaltare i valori che uniscono gli esseri umani. L’unione di due non significa soltanto sentimento d’amore reciproco, ma anche apertura verso gli altri perché è noto che chi ama, riamato, avverte uno stato di felicità e di grazia che lo rende aperto, ottimista, coraggioso, pronto ad affrontare rischi e cambiamenti. Dato che spesso i sentimenti vengono espressi con i colori, potremmo dire che l’amore dipinge la realtà di rosa (così cantava Edith Piaf con la sua La vie en rose).
Il grigio invece domina ogni pagina di questi due libri. Il grigio opprimente della paura, del sospetto, della delazione, dell’angoscia, del sottile senso di colpa che dilania pur essendo innocenti. Sono questi gli stati d’animo che il potere deve a tutti i costi mantenere per sopravvivere. Un potere che si serve di qualunque mezzo per annullare l’esistenza spirituale dei cittadini, per renderli macchine perfette al suo servizio. Un potere che per conservarsi cancella il passato o lo altera così come altera la realtà, manipolando le notizie, senza riuscire però a imbrigliare del tutto le tensioni umane. Ed ecco allora che fomenta l’odio perché sa che questo può costituire una valvola di scarico, e, affinché tutti esauriscano nell’odio contro terzi qualunque tensione che altrimenti gli si rivolterebbe contro, crea “i nemici del popolo”, crea “La Fratellanza”, addebitando loro qualunque bruttura.

Nelle due opere i simboli del potere non divergono molto. In Corrado Alvaro sono dati dai caratteri iniziali maiuscoli dei nomi comuni di persona: Inquisitore, Direttore, Segretaria; in George Orwell dai nomi dei quattro Ministeri “nei quali era divisa tutta l’organizzazione governativa. Il Ministero della Verità… il Ministero della Pace… il Ministero dell’Amore…E il Ministero dell’Abbondanza…”
E’ appunto questa qualità simbolica a rendere impersonale il potere e quindi inattacabile. E quindi eterno. Quando i protagonisti capiscono di non poter ribellarsi con le armi, la loro rivolta diventa mentale perché l’essenziale ormai non è distruggere materialmente il potere imperante, essenziale è mantenere o recuperare, al di là del terrore e della naturale viltà che ne consegue, la propria dignità.
Dale, infine, ci riuscirà. Winston Smith no.

Nei due romanzi si possono riscontrare, inoltre, molti punti in comune:

L'uomo è forte: 1) "Vi assicuro che tutti, tutti cadranno i nemici del popolo!" Queste parole provocarono un urlo compatto come un tuono… L'idea della morte aveva fatto andare in delirio la folla che si guardava minacciosa intorno, cercando quasi le vittime. Per poco, Dale ebbe l'impressione che qualcosa più forte di lui  cacciasse un grido;

2)La storia dell'orologio doveva essere finita come ella stessa aveva sperato: la ladra doveva essere stata una delle sue compagne di ufficio, e non per altra ragione che per tenerselo… Costei doveva essere sicura che Barbara non avrebbe fiatato con nessuno di quella perdita: da parte sua non avrebbe mai mostrato il suo furto, lo avrebbe tenuto gelosamente e si sarebbe appagata di contemplarlo sola, come un confidente, una creatura di un altro regno. Conosceva ella queste cose: sedersi sola nella propria stanza, mettere sul tavolo davanti a sé quell'oggetto, un qualunque oggetto insolito, straniero, proibito, e guardarlo;

3)Lo sconosciuto parlava serio e convinto, come con se stesso. Seguitò: "Perciò anche informarsi di cose che sono lontane da noi, è un delitto. I tre giustiziati di oggi non erano innocenti. Avevano già il seme del delitto;

4)Anche Dale levò il capo, e vide, lungo la cornice del soffitto, una frattura, e su questa, della forma di un rettangolo largo un palmo, una piccola inferriata. Ella tese il dito senza dir parola. "Ci possono ascoltare?" chiese Dale sottovoce. Ella si mise un dito sulle labbra: "Ne parleremo in un altro momento" rispose.

5)Ora, se Dale avesse cacciato un grido qualunque… che cosa sarebbe accaduto? Immaginava la confusione. Lo avrebbero portato fuori, e in breve giro di tre ore non avrebbe più parlato…;

6)Pensò a Barbara… Era un pensiero che evitava, per timore che qualcuno lo potesse leggere.

7)L'Inquisitore la considerò alquanto, e levando le mani:"…Se mi fosse concesso dirlo, affermerei che noi amiamo il colpevole; noi lo seguiamo trepidamente; egli è l'amico e il compagno della nostra opera".

8)Dale pensò: "Certo mi sta guardando  la nuca". Isidoro gli guardava veramente la nuca, e pensava: "Là, un colpo là. Senza che se ne accorga";

9)Le Bande.

 

1984: 1)In un momento d'improvvisa lucidità, Winston si accorse che anche lui stava strillando come tutti gli altri… La cosa più terribile dei Due Minuti d'Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni. in trenta secondi, ogni tentativo di resistere andava all'aria;

2)Winston pagò immediatamente i quattro dollari e fece sparire quell'oggetto concupito in una tasca. Ciò che più glielo aveva fatto desiderare non era stata tanto la sua intrinseca bellezza, quanto quel suo aspetto di cosa appartenente a una età completamente diversa dall'attuale… Era davvero un oggetto bizzarro, e persino compromettente, almeno per un membro del Partito. Qualsiasi oggetto antico o anche soltanto bello era sempre vagamente sospetto;

3)O'Brien lo fermò con un cenno della mano. "Un altro esempio" disse. "Qualche anno fa hai avuto una seria delusione. Credevi che tre uomini… non fossero colpevoli dei delitti di cui erano stati accusati;

4) Il teleschermo riceveva e trasmetteva simultaneamente. Qualsiasi suono che Winston avesse prodotto, al disopra d'un sommesso bisbiglio, sarebbe stato colto;

5)Fu preso da una irresistibile tentazione di urlare una quantità di parole sudicie con quanta voce aveva in corpo;

6)Era pericolosissimo lasciar trasparire i pensieri quando si stava in luogo pubblico ovvero a portata del campo visivo del teleschermo. Anche il minimo movimento avrebbe potuto perdervi;

7)Era O'Brien che dirigeva ogni cosa… Era lui a decidere quando Winston doveva urlar di dolore e quando la tortura doveva avere un intervallo.. Lui era il carnefice, era l'aguzzino, il protettore, l'inquisitore, l'amico. E una volta… una voce mormorò alle sue orecchie: "Non temere, Winston, tu sei sotto la mia custodia. Ti ho sorvegliato per sette anni. Ora è giunto il momento decisivo";

8)Camminava lungo il corridoio dalle pareti bianche, e gli sembrava di camminare alla luce del sole, e aveva una guardia armata dietro le spalle. La pallottola attesa tanto a lungo stava entrandogli nel cervello;

9)La Fratellanza.

Come abbiamo visto, le due opere esprimono situazioni simili e simile è il loro intento: indicare il pericolo che sovrasta l’uomo quando gli ideali si trasformano in ferree ideologie. Dove impera l’ideologia non vi è posto né per la tolleranza né quindi per la libertà fisica e spirituale.
Comunque, questa minima trattazione riguardo le affinità tra i due libri riveste un semplice carattere di curiosità. Quel che desideravo era soltanto trovare una risposta al perché due opere così somiglianti abbiano avuto destini così diversi.
Inoltre, non dimentichiamo che quando si parla di precedenti letterari in rapporto a Orwell si citano: Noi di Zamjàtin, Il nuovo mondo di Huxley e Kallocain della scrittrice svedese Boye, ma non si cita mai il libro di Corrado Alvaro.

Eppure, tornando alla nostra domanda, forse una risposta esiste. Una risposta di ordine psicologico. Nel 1938, quando fu pubblicato L’uomo è forte, il nazismo imperava in Germania, il comunismo in Russia, il fascismo in Italia, e in Spagna si preparava il franchismo; ma ancora non si era giunti agli eccessi tipici di ogni dittatura, ancora non si parlava di sanguinose epurazioni e di lager; notizie in tal senso, e neppure del tutto sicure nei loro eccessi, giungevano dalla Russia.
Ma la seconda guerra mondiale non era scoppiata e milioni di uomini non si accorgevano delle trappole ideologiche in cui erano volontariamente caduti. Nel 1949, invece, quando fu pubblicato il romanzo di Orwell, la realtà era conosciuta in tutta la sua spaventosa tragicità. Tutto il male derivato dal folle desiderio del potere, tutto il male derivato da aberranti ideologie era ormai visibilissimo.
Il libro di Orwell racchiudeva, quindi, un’esperienza negativa già vissuta, rappresentava un monito contro future tentazioni di totalitarismo, di quel totalitarismo che milioni di uomini avevano già sperimentato e che si era rivelato un tragico, distruttivo inganno.
Nel 1938 gli animi erano ancora accecati da follie di potenza, di supremazia, di grandezza.
Nel 1949, di quelle passate follie non restava che sangue e dolore.

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