Ad appassionare un collezionista non è mai l’amore per l’oggetto in quanto tale, ma l’amore per quello che l’oggetto rappresenta: il simbolo della memoria di un luogo e di un tempo e il desiderio di conoscenza. È stato questo a spingere Demetrio Spagna a dar vita al “Museo dello Strumento Musicale”, sito nei locali della vecchia stazione Lido, a Reggio Calabria, sul viale Genoese-Zerbi, accanto alla pineta. Una passione che nasce dai ricordi di un’infanzia addolcita dalle canzoni materne e dalla musica del mandolino che suonava il nonno paterno Francesco, accompagnato dalla chitarra dello zio Pasqualino, e dal ricordo dei giochi in cortile nel quartiere di Santa Caterina col sottofondo delle prove d’orchestra della famiglia Reitano: i fratelli suonavano e Ninetta, la sorella scomparsa ad appena vent’anni, cantava. Su una parete del museo, una fotografia ha immortalato quel tempo felice nei sorrisi dei giovani componenti dell’orchestra, quando Mino ancora non sapeva che il successo lo stava aspettando.
Altri due episodi alimenteranno poi l’interesse di Demetrio per la musica: un amico gli regalerà un sassofono che lui imparerà a suonare durante gli anni universitari, e la fidanzata gli regalerà uno jembè, piccola percussione africana che diventerà il primo strumento della collezione, oggi arrivata a 800 pezzi, in fase di catalogazione grazie anche alla Facoltà di Architettura.
Gli strumenti (cordofoni, aerofoni, idiofoni, membranofoni e meccanico-elettrici) provengono da tutto il mondo. Accanto al raffinato pianoforte a gran coda Petrof, donato dagli Amici della musica, sul quale il famoso pianista Michelangeli teneva i suoi corsi di musica ad Arezzo, si possono ammirare bellissime espressioni di arte musicale povera africana, come le zanze, le likembe, le marimbe -idiofoni a pizzico ricavati dalle zucche- o come il thumb piano o piano da pollice proveniente dalla Giamaica costruito con tavolette di legno e listelli di metallo accordati a scala oppure ancora i guiri o idiofoni a raschiamento, strumenti zoomorfi a forma di rana e di pesce originari dell’America Centrale; alla famiglia dei membranofoni appartengono il tamani o tamburo a fessura, l’adufo, il tamburo quadrato della musica popolare portoghese, il damru e la tabla indiani ed egiziani, i nostri tamburelli e tanti altri tra i quali campeggia un enorme tamburo con piedistallo proveniente dall’Uganda; e poi i flauti, le fisarmoniche, le zampogne, l’australiano didgeridoo, i chab e gli zil, piccoli cimbali suonati durante balli e riti sacri in Turchia, India, Marocco e Thailandia, i salteri tra i quali spicca l’originalissimo salterio tubolare o valiha del Madagascar, il poverissimo e stravagante berimbao, l’arco musicale brasiliano.
Una sezione ricostruisce un pezzo di storia musicale reggina con originali chitarre dal doppio manico, lyre calabresi, violini, chitarre battenti, opera di valenti liutai che fanno onore alla nostra tradizione, tra i quali ricordiamo Domenico Calabrò, Ciccio Lavilla e Giacinto Chirico; alla morte di quest’ultimo, la famiglia ha donato al museo il suo laboratorio, dove oggi si lavora a un progetto molto particolare: la costruzione di violini con il legno del bergamotto. I nomi dei maestri liutai sono tanti altri e per conoscerli basta consultare una delle pubblicazioni del museo sulla liuteria della nostra regione.
Tra gli strumenti della tradizione meridionale c’è anche la tròccola, un piccolo telaio in legno con impugnatura e due battenti di metallo ai lati, che suonavano i ragazzini mandati dal parroco per invitare i fedeli alla messa quando, durante la Quaresima, non si potevano usare le campane; per le strade dei nostri paesini risuonava così il richiamo dei ragazzini scandito dal suono della tròccola: va iti a’ missa, c’u Signuri è sulu, va iti a’ missa c’u Signuri è mortu.
Tra le iniziative che il Museo sta per realizzare (biblioteca, videoteca, fototeca) vi sono inoltre il progetto Griot, con Bobo Sissoko, per la diffusione orale della cultura musicale -il griot è un’antica figura del Mali paragonabile, anche se alla lontana, a un cantastorie- e il progetto Kordax che riguarda l’insegnamento della “viddhaneddha” e degli altri balli popolari della tradizione meridionale. Per informazioni e visite guidate si può telefonare ai numeri 328.6818151 o 333.2284935.